«Che sta succedendo? Girano un film? Ero qua che girottolavo per Cinecittà e ho visto il Teatro 5 aperto… strano, di solito è sbarrato, non puoi entrare neppure di straforo. Si vede che hanno bisogno di un effetto particolare per le riprese: gente in visita sul set mentre il regista dispone gli attori e i ciak, tutto in diretta, vivo-live, come dicono gli americani. Non mi meraviglierebbe che fosse l’ultimo film di Fellini, magari lui ha trovato un’idea geniale per coinvolgere chiunque passi di qui e riprenderlo a sua insaputa. Certo che l’ambiente è tipicamente felliniano, e poi, guarda là! Che buffo! Un feretro con i carabinieri ai lati, il fondale del cielo, persone che stanno in fila e passano davanti o sostano per un po’… ma quel fondale lo conosco! sì, è quello che i due imbianchini dipingevano in una scena de L’Intervista, quella in cui uno dei due imbianchini chiama ripetutamente l’altro "A Cé!", e ogni volta lo lascia di sasso dicendogli che “se la deve annà a pijà ‘nder culo”. Comunque, mi sembra una situazione davvero surreale, non c’è quel fermento, quella caciara che si trova nei set di Fellini, e le urla sguaiate dei tecnici che si trattano a male parole, Tonino Delli Colli che lancia qualche battuta, per non parlare dei soliti caratteristi che rompono li cojjoni e stanno appiccicati al secondo regista per chiedere se c’è una parte per loro… no, mi sembra tutto così regolare, così quieto, così… funereo. Ricordo altre scene del genere come ne I clown, però la funzione finiva in una gran baldoria generale con stelle filanti e pagliacci volanti… C’è qualcosa che non mi quadra. È tutto pronto, ma manca quel tocco…»
«Ahò! Ma che stà a ddì? Nnun lo vedi che fanno sur serio?»
«Ma che sul serio! Non vorrà mica dire che…»
«Sine! Artro che urtimo firm de Fellini! Jje stanno a fa’ ‘r funerale!»
«Ma siamo sicuri?»
«Appena l’ho saputo so’ venuto subbito, a me me piasce Fellini, m’ha fatto divertì ‘na cifra co’ le su mignotte, le donne zizzone, tutto, tutto…»
«Ma come può morire Fellini? E ora… ora come facciamo?»
Era il 31 ottobre 1993, all’epoca ancora non si festeggiava come adesso la notte di Halloween, eravamo più italiani, ci sentivamo più italiani, perché era scomparso qualcuno che aveva regalato a noi e al nostro paese delle immagini, delle emozioni, delle sensazioni che nessun altro regista era stato in grado di regalarci. Disse Benigni in quel giorno nefasto che era come se fosse morto l’olio. Si può anche cucinare senza olio, c’è chi non lo sopporta e preferisce altri condimenti, però tutto diventa più saporito e brillante con quel liquido denso, giallo come l’oro… Fellini se n’era andato mentre infuriava Tangentopoli e lo spettacolo più seguito alla tv erano i processi agli uomini politici coinvolti negli scandali delle tangenti: Craxi, Forlani, Gava… Non lo facevano più lavorare Fellini, costavano troppo i suoi film, e così lui si è spento, proprio nell’anno che Hollywood scelse per consegnarli un’Oscar alla carriera… L’ultimo film nel Teatro 5 di Cinecittà, il feretro del regista riminese con due carabinieri a lato e la gente che veniva a salutarlo. Questo, a quindici anni dalla sua scomparsa, è il mio ricordo di un regista che mi ha dato tanto e cho amo tanto.
© Marco Vignolo Gargini
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