Che senso ha scrivere?

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   Vi sono intervistatori che, poveri di fantasia e di argomenti, spesso improvvisano quesiti da porre agli scrittori formulando delle domande tra le più stupide del pianeta, quali “perché scrive?”, “che senso ha scrivere?”… Lo scrittore di solito risponde arrampicandosi sugli specchi, forse per paura di apparire scortese o sciocco, sebbene abbia tutto il diritto di replicare con un semplice “guardi, sono affari miei!”, o tentare almeno di far capire che la domanda è talmente sciocca e così poco perspicace da far apparire chi la pone un bambino stupito dalla visione di un animale mai visto prima. Anche in questo caso ci viene incontro Pier Paolo Pasolini, il quale rispose con grande schiettezza e senno a una domanda, un po’ più articolata, sul senso della scrittura, o meglio “Che senso attribuisce ancora alla funzione dello scrittore, cioè che scopi, che limiti?”. Ecco la risposta di Pasolini :

   «Ma… senso, nessuno. Mi sembra una cosa completamente priva di senso. Io continuo ad essere scrittore per forza di inerzia, per abitudine. Ho cominciato a scrivere poesie a 7 anni e mezzo e non mi sono chiesto perché lo facessi. Ho continuato a scrivere per tutta l’infanzia, tutta l’adolescenza, ed eccomi qui a scrivere ancora. Quindi, l’unico senso possibile è un senso esistenzialistico, cioè l’abitudine a esprimersi, così come c’è l’abitudine di mangiare, di dormire. I limiti sono quelli linguistici, cioè io, come scrittore italiano, sono molto limitato. Preferirei essere uno scrittore in lingua swahili, che è la dodicesima lingua del mondo ed è parlata in Kenya, in Tanzania, in Congo ecc.. Ci sono due categorie di scopi, la prima categoria attiene all’assoluto non senso dell’essere scrittore, e quindi sono degli scopi li chiami edonistici, o li chiami metastorici, o metafisici, o assurdi, come vuole, e direi che avvengono, così si adempiono sotto il segno della grazia, sono carismatici.»

   Forse esiste un’altra risposta alla domanda, una sorta di riconoscimento dell’ennesima somma disperazione dell’umanità: scrivere è cercare invano di far sopravvivere la voce umana, morta e risuscitata artificiosamente attraverso il deposito, la sedimentazione delle parole sul foglio, sia esso cartaceo o elettronico. Da sempre illusi di rendere immortale l’emissione vocale, gli uomini si sono indaffarati a che non vada perso il contenuto, il significato delle infinite voci che hanno parlato e parlano sin dalla notte dei tempi. Anche questa però è una pia illusione, dato che la scrittura non ce la fa a riprodurre i toni, i timbri originali e sceglie nell’approssimazione l’unica via per conservare i dati, le informazioni, i fonemi scarnificati e scheletriti. Se, per dirla ancora con Pasolini, il cinema è fragile perché affidato alla pellicola, poco più robusta di un’ala di farfalla, che cos’è mai la letteratura affidata alla scrittura su di un pezzo di carta o un foglio elettronico?

©Marco Vignolo Gargini

Informazioni su Marco Vignolo Gargini

Marco Vignolo Gargini, nato a Lucca il 4 luglio 1964, laureato in Filosofia (indirizzo estetico) presso l’Università degli Studi di Pisa. Lavora dal 1986 in qualità di attore e regista in rappresentazioni di vario genere: teatro, spettacoli multimediali, opere radiofoniche, letture in pubblico. Consulente filosofico e operatore culturale, ha scritto numerose opere di narrativa tra cui i romanzi "Bela Lugosi è morto", Fazi editore 2000 e "Il sorriso di Atlantide", Prospettiva editrice 2003, i saggi "Oscar Wilde – Il critico artista", Prospettiva editrice 2007 e "Calciodangolo", Prospettiva editrice 2013, nel 2014 ha pubblicato insieme ad Andrea Giannasi "La Guerra a Lucca. 8 settembre 1943 - 5 settembre 1944", per i tipi di Tra le righe libri, nel 2016 è uscito il suo "Paragrafo 175- La memoria corta del 27 gennaio", per i tipi di Tra le righe libri; è traduttore di oltre una trentina di testi da autori come Poe, Rimbaud, Shakespeare, Wilde. Nel 2005 il suo articolo "Le poète de sept ans" è stato incluso nel 2° numero interamente dedicato a Arthur Rimbaud sulla rivista Cahiers de littérature française, nata dalla collaborazione tra il Centre de recherche sur la littérature français du XIX siècle della Università della Sorbona di Parigi e l’Università di Bergamo. È stato Presidente dell’Associazione Culturale “Cesare Viviani” di Lucca. Molte sue opere sono presenti sul sito www.romanzieri.com. Il suo blog è https://marteau7927.wordpress.com/ ****************** Marco Vignolo Gargini, born in Lucca July 4, 1964, with a degree in Philosophy (Aesthetic) at the University of Pisa. He works since 1986 as an actor and director in representations of various kinds: theater, multimedia shows, radio plays, readings in public. Philosophical counselor and cultural worker, has written numerous works of fiction, including the novels "Bela Lugosi è morto", Fazi Editore 2000 and "Il sorriso di Atlantide," Prospettiva editrice 2003, essays "Oscar Wilde - Il critico artista," Prospettiva editrice in 2007 and "Calciodangolo" Prospettiva editrice in 2013, in 2014 he published together with Andrea Giannasi "La guerra a Lucca. September 8, 1943 - September 5, 1944," for the types of Tra le righe libri, in 2016 he published "Paragrafo 175 - La memoria corta del 27 gennaio", for the types of Tra le righe libri; He's translator of more than thirty texts by authors such as Poe, Rimbaud, Shakespeare, Wilde. In 2005 his article "The poète de sept ans" was included in the 2nd issue entirely dedicated to Arthur Rimbaud in the journal "Cahiers de littérature française II", a collaboration between the Centre de recherche sur la littérature français du XIX siècle the Sorbonne University Paris and the University of Bergamo. He was President of the Cultural Association "Cesare Viviani" of Lucca. Many of his works are on the site www.romanzieri.com. His blog is https://marteau7927.wordpress.com/
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