Quel biondo ragazzo di Nerviano, comune nel milanese, che a vent’anni in serie C con la Pro Patria dimostrò di essere un centrocampista di sicuro avvenire, fu notato da Tommaso Maestrelli e acquistato dal suo Foggia nella stagione 1969–70, l’anno della promozione della squadra pugliese nella massima serie. Luciano Re Cecconi esordi in serie A al “Pino Zaccheria” nella seconda giornata, il 4 ottobre 1970 contro il Milan, contribuendo a un pareggio sofferto (1–1, Rivera 26’, Bigon (FG) 67’), uno dei tanti, tredici, che caratterizzò il campionato sfortunato della compagine foggiana, retrocessa al termine delle trenta giornate per differenza reti (–15 rispetto a –6 della Fiorentina, detentrice del titolo, e –4 della Sampdoria). Il biondone, soprannominato a suo tempo Cecconetzer, per la somiglianza fisica con il calciatore tedesco Gunter Netzer, riuscì anche a segnare una rete in quella stagione, alla nona giornata d’andata, aprendo le marcature al 5’di una partita particolare, una specie di fatale presagio: Foggia–Lazio 5–2 (5’ Re Cecconi, 17’ Chinaglia (LA), 34’ Montefusco, 57’ Saltutti, 67’ Chinellato (LA), 74’ Saltutti, 78’ Bigon). Tommaso Maestrelli, nel frattempo trasferitosi alla Lazio anch’essa retrocessa, non aveva dimenticato il suo centrocampista e, nell’anno del ritorno dei biancocelesti in A, chiese e ottenne il cartellino di Luciano Re Cecconi. Ebbe inizio una bellissima storia, il calciatore di Nerviano fu protagonista di due annate memorabili con la Lazio (che sfiorò lo scudetto nel campionato 1972–73 per poi aggiudicarselo la stagione successiva), realizzò tre reti[1] e fu convocato da Ferruccio Valcareggi tra i 22 azzurri che parteciparono ai Mondiali in Germania. L’esordio in nazionale avvenne dopo i Mondiali, il 28 settembre a Zagabria contro la Jugoslavia, fu una sconfitta per 1–0, ma il nuovo Commissario Tecnico Fulvio Bernardini sembrò interessato a rinnovare la fiducia a Cecconetzer, che giocò infatti a Genova il secondo tempo di Italia–Bulgaria del 29 dicembre 1974. Da quel momento, complice anche un andamento non esaltante della Lazio, Re Cecconi visse una fase decrescente nella sua carriera, il culmine fu il grave infortunio al ginocchio sinistro il 24 ottobre 1976, durante Lazio–Bologna della 3a giornata del campionato 1976–77, che lo tenne lontano per sempre dal terreno di gioco. Dieci partite saltate, la contentezza di aver disputato per intero la partitella d’allenamento, la prospettiva concreta di rientrare a giocare il 30 gennaio a Cesena, 14a giornata… questa era la condizione di Luciano Re Cecconi la sera di martedì 18 gennaio 1977 quando, insieme al compagno di squadra Pietro Ghedin e all’amico Giorgio Fraticcioli, entrò poco prima dell’orario di chiusura in una gioielleria in via Nitti a Roma. Le versioni dell’atroce incidente che ha portato alla morte di Re Cecconi non sono tutte uguali, l’unica cosa certa è che Bruno Tabocchini sparò al calciatore, fu processato 18 giorni dopo per direttissima e venne assolto per “aver sparato per legittima difesa putativa”. Sono stati scritti dei libri su questo “giallo”, l’ultimo e quello di Maurizio Martucci [2], in cui si cerca di ricostruire le dinamiche del presunto scherzo che costò la vita al giocatore laziale: « Nel libro ricostruisco minuto dopo minuto la scena del crimine. Faccio emergere tutte le contraddittorietà già nel processo, celebrato e chiuso in soli 18 giorni con l’assoluzione del gioielliere. Ci sono le interviste a figlio e nipote di Cecco, con diversi passaggi di giurisprudenza che fanno capire la genesi di questo particolare caso di cronaca nera… allora ci si perse nelle nubi degli anni ’70, nel clima d’insicurezza generale degli anni di piombo. Si trattò solo di un tragico equivoco, drammatico, che costò la vita ad un calciatore di 28 anni, nel pieno della sua carriera e nel giro della Nazionale. Nel libro scrivo che Re Cecconi fu la persona sbagliata, nel posto sbagliato, al momento sbagliato. Però su di lui, che non poteva più parlare né difendersi, si giocarono troppe partite…»[3]
Marco Vignolo Gargini, Calciodangolo, Prospettiva Editrice, Civitavecchia (RM) 2013, pp. 117-119.