La maledizione di Béla Guttmann

Bela Guttmann

Chi si è seduto davanti al teleschermo per assistere all’ennesima finale persa del Benfica in una competizione europea magari non era al corrente di un anatema lanciato nel 1962 da Béla Guttmann, il tecnico ungherese che aveva allenato la squadra portoghese fino alla conquista dell’ultima Coppa dei Campioni. Sta di fatto che per l’ottava volta consecutiva il Benfica, dopo quel fatidico 1962, esce dal campo con le pive nel sacco e guarda gli altri mentre alzano la coppa e festeggiano il successo.

Béla Guttmann, discreto centrocampista magiaro di origini ebraiche, smise di giocare nel 1933 e intraprese la carriera di allenatore cominciando con la squadra austriaca dell’Hakoah Wien, dove aveva militato vincendo anche un titolo nazionale nel 1925. Sopravvissuto all’Anschluss e all’olocausto, Guttmann fu un autentico ebreo errante, spostandosi continuamente e allenando in sequenza il Vasas Budapest, il Ciocanul di Bucarest,  l’Újpest (vittoria del campionato ungherese 1946-47 e della Mitropa Cup), il Kispest, il Padova, la Triestina, la nazionale ungherese, il Quilmes, l’Apoel Nicosia, il Milan, il Lanerossi Vicenza, l’Honvéd Budapest (dove affrontò come direttore tecnico i terribili momenti seguiti all’invasione sovietica del 1956 e la diaspora di numerosi giocatori ungheresi), il San Paolo (vittoria del campionato paulista del 1958), il Porto (vittoria del campionato portoghese 1958-59) e, finalmente, il Benfica, squadra con cui l’allenatore magiaro conquistò due titoli nazionali e, soprattutto, due Coppe dei Campioni.

La fama di allenatore eccentrico, venale, emotivamente instabile Béla Guttmann se l’era già guadagnata nel corso della sua carriera, anche il suo avvento nel Benfica avvenne in modo clamoroso all’indomani del titolo conquistato con il Porto e successivo voltafaccia per motivi economici. Guttmann durante la sua avventura con la squadra più titolata di Lisbona si conquistò il rispetto e la stima a suon di risultati, ma l’epilogo fu la rottura con la dirigenza della polisportiva, guidata da António Carlos Cabral Fezas Vital, sempre per una questione di soldi. Nonostante le vittorie, il tecnico ungherese non riuscì ad ottenere l’agognato premio in denaro e per tal motivo se ne andò non prima di aver lanciato la sua Maldição: “Nem daqui a 100 anos uma equipa portuguesa será bicampeã europeia e o Benfica sem mim jamais ganhará uma Taça dos Campeões Europeus” (“Da qui a cento anni nessuna squadra portoghese sarà due volte campione d’Europa ed il Benfica senza di me non vincerà mai una Coppa dei Campioni”). A quanto pare la maledizione non è valsa per il Porto, che vinse due volte la Coppa dei Campioni (1987-2004), ma ha funzionato benissimo con il Benfica. Già l’anno dopo la partenza di Guttmann la squadra di Lisbona perse la finale di Coppa dei Campioni con il Milan di Nereo Rocco (gol di Eusebio al 19° e doppietta di Altafini al 58° e al 70°), nel 1964-65 seconda sconfitta con l’Inter di Herrera (gol di Jair al 42°), nel 1967-68 terza disfatta di fronte al Manchester United (gol di Bobby Charlton al 55°, pareggio portoghese di Graça all’80° e tripletta degli inglesi nei tempi supplementari con Best al 97°, Kidd al 98° e ancora Bobby Charlton al 100°). A quindici anni di distanza dall’ultima finale europea il Benfica, allenato da Sven-Goran Eriksson, affrontò l’Anderlecht in Coppa UEFA e perse il trofeo grazie a un golletto del danese Brylle al 29°. António José Conceição Oliveira, meglio noto come Toni, portò il Benfica in finale di Coppa dei Campioni nella stagione 1987-88, dove perse ai rigori con il PSV Eindhoven, dodici mesi dopo Sven-Goran Ericksson, tornato alla guida dei biancorossi, fece lo stesso facendosi superare dal Milan di Arrigo Sacchi (gol di Rijkard al 68°). Per tornare a disputare una finale i lusitani ci hanno messo la bellezza di venticinque anni, ma la musica non è cambiata. Persa per 2-1 l’Europa League 2012-13 contro il Chelsea di Mourinho (Torres 60°, Cardozo 88°, Ivanovic al 93°) e, storia recentissima, ottava sconfitta, sempre in Europa Leauge, di fronte al Siviglia nella finale del 14 maggio 2014 a Torino, conclusasi ai rigori… Non sono servite a nulla le preghiere di Eusebio, che si recò a visitare la tomba di Guttmann alla vigilia della finale del ’90 contro il Milan, finora l’anatema sta funzionando benissimo, il Benfica paga caro quei soldi che non volle elargire al tecnico magiaro, almeno che… non vengano chiamati i fratelli Winchester di Supernatural per sciogliere il club portoghese da una maledizione che dura da 52 anni!

Marco Vignolo Gargini

Informazioni su Marco Vignolo Gargini

Marco Vignolo Gargini, nato a Lucca il 4 luglio 1964, laureato in Filosofia (indirizzo estetico) presso l’Università degli Studi di Pisa. Lavora dal 1986 in qualità di attore e regista in rappresentazioni di vario genere: teatro, spettacoli multimediali, opere radiofoniche, letture in pubblico. Consulente filosofico e operatore culturale, ha scritto numerose opere di narrativa tra cui i romanzi "Bela Lugosi è morto", Fazi editore 2000 e "Il sorriso di Atlantide", Prospettiva editrice 2003, i saggi "Oscar Wilde – Il critico artista", Prospettiva editrice 2007 e "Calciodangolo", Prospettiva editrice 2013, nel 2014 ha pubblicato insieme ad Andrea Giannasi "La Guerra a Lucca. 8 settembre 1943 - 5 settembre 1944", per i tipi di Tra le righe libri, nel 2016 è uscito il suo "Paragrafo 175- La memoria corta del 27 gennaio", per i tipi di Tra le righe libri; è traduttore di oltre una trentina di testi da autori come Poe, Rimbaud, Shakespeare, Wilde. Nel 2005 il suo articolo "Le poète de sept ans" è stato incluso nel 2° numero interamente dedicato a Arthur Rimbaud sulla rivista Cahiers de littérature française, nata dalla collaborazione tra il Centre de recherche sur la littérature français du XIX siècle della Università della Sorbona di Parigi e l’Università di Bergamo. È stato Presidente dell’Associazione Culturale “Cesare Viviani” di Lucca. Molte sue opere sono presenti sul sito www.romanzieri.com. Il suo blog è https://marteau7927.wordpress.com/ ****************** Marco Vignolo Gargini, born in Lucca July 4, 1964, with a degree in Philosophy (Aesthetic) at the University of Pisa. He works since 1986 as an actor and director in representations of various kinds: theater, multimedia shows, radio plays, readings in public. Philosophical counselor and cultural worker, has written numerous works of fiction, including the novels "Bela Lugosi è morto", Fazi Editore 2000 and "Il sorriso di Atlantide," Prospettiva editrice 2003, essays "Oscar Wilde - Il critico artista," Prospettiva editrice in 2007 and "Calciodangolo" Prospettiva editrice in 2013, in 2014 he published together with Andrea Giannasi "La guerra a Lucca. September 8, 1943 - September 5, 1944," for the types of Tra le righe libri, in 2016 he published "Paragrafo 175 - La memoria corta del 27 gennaio", for the types of Tra le righe libri; He's translator of more than thirty texts by authors such as Poe, Rimbaud, Shakespeare, Wilde. In 2005 his article "The poète de sept ans" was included in the 2nd issue entirely dedicated to Arthur Rimbaud in the journal "Cahiers de littérature française II", a collaboration between the Centre de recherche sur la littérature français du XIX siècle the Sorbonne University Paris and the University of Bergamo. He was President of the Cultural Association "Cesare Viviani" of Lucca. Many of his works are on the site www.romanzieri.com. His blog is https://marteau7927.wordpress.com/
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